domenica 1 ottobre 2017

7-7-2007...

...di Antonio Manzini.

 
ATTENZIONE:
In caso non abbiate ancora letto niente della serie di Rocco Schiavone, vi consiglio vivamente di rimediare subito, e allo stesso tempo vi sconsiglio la lettura della recensione, perché essendo il romanzo un enorme flashback, la sua recensione potrebbe contenere spoiler su eventi narrati in altri libri.
 
Rocco Schiavone è un poliziotto molto particolare. Insofferente, scorbutico, la sottile linea che divide la legalità dall'illegalità l'ha passata da un pezzo e pure più volte, eppure è un buon poliziotto. Una volta, prima che sua moglie Marina cadesse in un agguato, era anche un uomo felice.
Questa è la storia di quel "prima", e la storia di come quel prima è diventato "dopo", consegnandoci quel Rocco Schiavone rabbioso, indifferente e vuoto che abbiamo imparato a conoscere.
 
Ci sono libri che si fanno leggere, ti intrattengono, ti divertono, ma che non escono mai dalle pagine su cui sono scritti. E poi ci sono romanzi come questo.
La forza, il realismo e la profondità di questa storia e di questo personaggio sono di quelli che lasciano una traccia indelebile nel lettore.
 
Rocco Schiavone, vicequestore trasteverino spedito per punizione ad Aosta, lo conosciamo tutti. Facile all'ira, al turpiloquio, scarsamente interessato ai suoi simili, brusco, misantropo e misogino, ha il fiuto del buon poliziotto. Non è una vocazione, perché Rocco non ha uno spiccato senso della giustizia, ma piuttosto un talento innato.
Anni addietro, era un uomo diverso. Non migliore, ma diverso. E addirittura più tollerante verso il prossimo, più disponibile; a volte perfino empatico.
E in questo romanzo vediamo questo Rocco muoversi nella sua città, in mezzo ai suoi amici e ai luoghi che conosce benissimo e ama.
Un ragazzo è stato ucciso con una pugnalata alla nuca, e scaricato in una cava. Un bravo ragazzo, dalla vita apparentemente normale e irreprensibile. Schiavone indaga aiutato dai suoi amici Seba, Brizio e Furio, utilizzando sistemi al limite della legalità.
Come ben sappiamo, la legalità non è mai stata in cima ai pensieri del vicequestore: qui però questa tendenza a sconfinare nella zona grigia viene scoperta dalla adorata moglie Marina, che lo lascia.
Rocco è distrutto eppure continua ad indagare, mettendo inconsapevolmente in moto gli eventi che porteranno al tragica uccisione di Marina.
 
Il caso da risolvere è, al solito, interessante e valido; ma la verità è che qui il lettore vuol arrivare a capire cosa sia accaduto a Marina, e perché. Ci vuole pazienza, però, e bisognerà seguire con calma tutti gli sviluppi del caso e coglierne i dettagli per poter davvero comprendere la portata del dolore e del senso di colpa di Rocco.
 
La scena dell'omicidio di Marina è descritta con parole semplici, nude e crude, e fa malissimo. Commuove nella sua semplicità. Colpisce con la sua ineluttabile evidenza, e vale da sola un intero romanzo. Stessa cosa può dirsi per la vendetta di Rocco, un uomo distrutto che vediamo cambiare davanti ai nostri occhi in poche pagine. Colpisce il fatto che dietro la boria del vicequestore c'è una grande fragilità, che non gli consente di andare avanti da solo, dopo aver perduto la sua adorata Marina.
 
Non posso che inchinarmi alla bravura di Antonio Manzini per essere riuscito a rendere sulla carta le mille sfumature di un personaggio complesso e imperfetto, triste, vuoto, spezzato eppure ancora in pista, nonostante tutto.
 
Votö: 8

1 commento:

  1. ciao Lisse, buono a sapersi che contiene spoiler. proprio stamattina ho pubblicato la recensione di Era di Maggio conto di recupertare 7-72007 in novembre e per dicembre leggerò pulvis et umbra che è già su kindle!

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