martedì 1 agosto 2017

La principessa di ghiaccio...

...di Camilla Läckberg.

La scheda del libro sul sito della Marsilio Editori

La tranquilla località turistica di Fjällbacka, in Svezia, è scossa dall'omicidio di una giovane donna, Alexandra. A trovarla è Erica, che era stata sua amica durante l'infanzia, prima che la famiglia di Alexandra si trasferisse a Göteborg. Sulle prime sembra si tratti di un suicidio, ma già dai primi riscontri dall'autopsia sembra che alcuni dettagli siano incongruenti con questa ipotesi. Erica, insieme al poliziotto Patrick, anch'egli suo amico di infanzia, cercherà la verità, e insieme scopriranno che questo delitto affonda le sue radici in un passato molto lontano.
 
Riuscite a leggere cosa c'è scritto in basso a destra sulla copertina del romanzo? Per comodità lo riporto anche qui: "grande suspense per la nuova Agatha Christie della Svezia".
Ecco, no.
Come si può capire, nutro delle riserve riguardo questo romanzo, riserve che andrò ad illustrare.
 
Sicuramente l'autrice ha dalla sua un particolare abilità nella descrizione del paesaggio svedese, in una fredda località turistica sgombra di turisti durante il periodo invernale. L'ambientazione, quasi claustrofobica a causa del freddo, del vento gelato, della neve, delle strade malinconicamente deserte, crea una splendida cornice per l'indagine. I particolari sulla cittadina e i suoi abitanti conferiscono colore e spessore allo scenario, anche se devo confessare che mi hanno lasciato perplessa, più per ragioni extra letterarie.
Insomma, io ho sempre immaginato la Svezia come una nazione all'avanguardia, dove le donne sono emancipate, le persone sono libere da costrizioni sociali, gli ospedali e le scuole funzionano a perfezione, il tenore di vita è alto e la gente felice.
Invece l'autrice descrive un altro tipo di scenario: poliziotti sottopagati, sanità scadente, scuole senza materiali e senza possibilità di garantire un'istruzione dignitosa ai propri studenti, alcolismo dilagante, violenze domestiche diffuse e non denunciate.
Più  leggevo, più pensavo: sicura che questa sia La Svezia? La Svezia dei primi anni 2000?
 
Cito per amore di brevità solo una tra le tanti frasi pronunciate dai protagonisti:
"Con le tasse che si pagano in questo paese, gran parte dei tuoi soldi finirà per finanziare pessime scuole e un'assistenza sanitaria ancora peggiore."   
 
Una frase che, detta da un poliziotto svedese, mi ha fatto molto riflettere su quello che crediamo di sapere sul resto del mondo.
Quello che mi ha stupito ai limiti dell'incredulità è stata la descrizione della condizione della donna. Tutte le donne descritte sembrano estremamente dipendenti dagli uomini, costantemente occupate a compiacere il proprio compagno, oppure ad preoccuparsi che anche un solo grammo in più di peso possa togliergli l'apprezzamento del genere maschile. Addirittura la protagonista ritiene che sia sconveniente indossare normali mutandine di cotone Sloggi per un appuntamento perché farebbero passare la voglia a qualunque uomo. Non fraintendetemi, non c'è assolutamente nulla di sbagliato a curarsi o tenersi in forma, o prepararsi con cura per un appuntamento. Quello che mi ha lasciato basita è stato il sottile messaggio che una donna potesse farsi apprezzare necessariamente ed esclusivamente in quel modo. Insomma, secondo me, credere che  un uomo che non desideri la propria donna solo perché lei indossa una mutandina di cotone e non raffinata lingerie mi pare francamente una cosa da pazzi. 
 
A parte queste considerazioni, tornando a focalizzarci su un punto di vista più strettamente narrativo, secondo me questo giallo è fiacco e non funziona.
Gran parte della colpa io la attribuisco all'abuso fatto dall'autrice dell'odioso espediente di non condividere gli indizi con il lettore. Mi spiego meglio: quando qualcuno, sia Erika o Patrick, trovano un indizio fondamentale, l'autrice decide di non dirci immediatamente di cosa si tratta. Se è un biglietto incriminante, il protagonista se lo mette in tasca e lo dimentica per svariate pagine; se è un numero di telefono, il detective lo controlla e poi rimane stupefatto senza dirci di chi è questo benedetto numero di telefono; e di esempi ne potrei fare molto, visto che la suspense annunciata in copertina viene creata artificiosamente con questo metodo, che io personalmente detesto e trovo scorrettissimo nei confronti del lettore. Agatha Christie non si sarebbe mai permessa di basare il mistero di uno dei suoi libri sul nascondere gli indizi al lettore.
 
Inoltre, per tutto il romanzo ho avuto la sensazione che in fin dei conti nessuno avesse davvero voglia di indagare sul serio, che tutti cincischiassero aspettando il finale.
Appare chiaro fin da subito che le motivazione del delitto sembrano risiedere in alcuni punti poco chiari del passato della vittima; ma sono necessarie circa 300 pagine perché qualcuno si prenda la briga di scavare a fondo nel suo passato. E infatti, appena qualcuno decide di farlo, il caso viene risolto in circa dieci minuti.
 
Non certo un giallo indimenticabile.
Voto: 6 (strappa la sufficienza per la bella ambientazione e l'inconsueto punto di vista sulla società svedese)

Nessun commento:

Posta un commento