lunedì 20 giugno 2016

La breve favolosa vita di Oscar Wao...

... di Junot Diaz.




Oscar è un giovane americano di origine dominicana. Purtroppo per lui, è l'esatto contrario del tipico dominicano. Non è prestante, non ha successo con le ragazze è in sovrappeso e passa il suo tempo in casa a scrivere romanzi di fantascienza, leggere e giocare di ruolo. Ma Oscar è ossessionato dalla ricerca dell'amore. La sua storia si fonde con quella della sua famiglia e della Repubblica Dominicana sotto il feroce dittatore Trujillo, e sarà davvero favolosa, ovvero un'avventura da favola.

Questo romanzo, vincitore nel 2008 del Premio Pulitzer per la narrativa, è un'esplosione di sensazioni, esperienze, colori, storie. Un'esplosione di vita. Superata la prima fase di smarrimento dovuta ai molti termini gergali e/o in spagnolo, la narrazione mi ha rapita. Ad uno stile così, spumeggiante e ironico, si perdona tutto, l'iniziale smarrimento e perfino le chilometriche note a fine a capitolo (alcune gustose quanto la trama stessa del libro).
Ho sentito qua e là gli echi della tipica narrazione magica della letteratura sudamericana, ma c'è nello stile di Diaz una leggerezza nel raccontare anche le cose peggiori della vita che rende questo romanzo unico e originale. Una poesia pop, a metà strada tra tradizione e modernità.

Tutto ruota intorno alla famiglia di Oscar, e al tremendo sospetto di avere sulle spalle un fukù, una maledizione, che ha portato alla rovina tutti i membri della famiglia. Il fukù impedisce loro di raggiungere la felicità, e li trascina verso la distruzione. Oscar, imbevuto di cultura letteraria fantasy e fantascientifica, da Tolkien a Star Trek, lotterà tenacemente per sfuggirgli. Si aggrapperà alla cultura nerd per trovare la risposta ai suoi problemi. Anche se a volte questo suo modo di essere gli creerà più problemi di quanti ne risolva.
 
Sapete cosa aveva appeso, l’imbecille, alla porta della nostra stanza? Un cartello con la scritta Parla, amico, ed entra. In elfico, cazzo! (Per favore, non chiedetemi come facessi a saperlo. Vi prego.) Quando lo vidi, dissi: De León, tu vuoi scherzare. Elfico? A dire il vero, mi rispose tossicchiando, è sindarin.
 
Insomma, in parole povere, Oscar è, per i suoi coetanei, un imbranato. Uno sfigato. Quasi nessuno riesce a vederlo per quello che è davvero. Che lotterà con la sua imbranataggine fino alla fine. Non si farà piegare. Non si farà cambiare, per quanto, in alcuni momenti di depressione, capisca di non essere tagliato per il mondo che lo circonda.
 
Per comprendere Oscar, oltre che un'infarinatura di fantasy e fantascienza,  è necessario comprendere sua madre e sua sorella; per comprendere loro è necessario spiegare le vicissitudini dell'intera famiglia; e per comprendere queste ultime, è necessario conoscere la storia della Repubblica Dominicana durante la trentennale dittatura di Trujillo. Si tratta di un pezzo semi sconosciuto della storia sudamericana, una dittatura durata dagli anni trenta fino agli anni sessanta, un regime estremamente crudele e repressivo instaurato e sostenuto con l'aiuto militare degli Stati Uniti. Nessuno era al sicuro, a quei tempi.
Santo Domingo rimane la coprotagonista di questa storia anche quando i protagonisti in carne e ossa ne sono lontani, e a maggior ragione lo è quando i personaggi tornano a casa. E durante la storia torneranno spesso a casa, perché puoi togliere un dominicano da Santo Domingo, ma non puoi togliere Santo Domingo da un dominicano.
 
Ogni estate, Santo Domingo mette la retromarcia alla macchina della Diaspora, strappandole il maggior numero possibile di figli espulsi; gli aeroporti sono intasati di gente agghindata; nuche e nastri trasportatori scricchiolano sotto il peso di cadenas e paquetes accumulati nell’anno precedente, e i piloti temono per i loro aerei – sovraccarichi all’inverosimile.
 
 
La narrazione procede a ritroso, dall'adolescenza via via indietro fino all'infanzia di Oscar, dalla giovinezza della madre, fino alle circostanze della sua nascita, e ancora fino alla sorte di Abelard, il nonno materno che Oscar e sua sorella Lola non hanno conosciuto grazie alla polizia segreta di Trujillo.
E noi lettori, che già dal titolo intuiamo che qualcosa di tragico accadrà, prima o poi, andiamo a ritroso con il narratore (Yunior, amico di Oscar, forse l'unico amico che abbia mai avuto) e non possiamo staccarci dalle pagine, e andiamo sempre più in profondità nella storia della famiglia di Oscar.
 
Quando finalmente tutto è chiaro, arriverà la conclusione epica, favolosa, indimenticabile.
Sarà a Santo Domingo, dove tutto è iniziato, che Oscar troverà il senso della sua vita.
 
E così, è di questo che tutti parlano! Diablo! Se solo l’avessi saputo. Che meraviglia! Che meraviglia!
 
Se dovessi descrivere questo romanzo in una sola parola, direi sorprendente.
Voto: 8
 
 
 
 

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