lunedì 4 aprile 2016

Chiamate la levatrice...

... di Jennifer Worth
 
Questa è la storia di una giovane levatrice nella Londra proletaria degli anni 50. Muovendosi tra i quartieri più poveri, Jennifer Worth racconta in prima persona la vita che ha scelto, il mestiere che ha scelto, che proprio in quegli anni muoveva i primi passi.
Tra difficoltà dovute a carenze della scienza medica, alla povertà e alla scarsità di mezzi, Jennifer Worth ci presenta una galleria di episodi e personaggi che fanno breccia nel cuore del lettore.
 
Chiamate la levatrice, primo libro di una trilogia, cui è seguito Tra le vite di Londra e a cui seguirà, pare a breve, Farewell to the East End (tutti editi da Sellerio), è un romanzo molto originale. E' la cronaca, quasi un diario, delle lunghe giornate di una levatrice professionista che opera tra i quartieri più popolari e popolosi di Londra, aiutando le donne a partorire, quando ancora il parto in casa era la norma, si partoriva senza dottore e il tasso di mortalità della mamma e del bambino era ancora altissimo.
La cosa che mi ha sorpresa e interessata di più è stata la descrizione della Londra degli anni 50 e dei suoi abitanti. Lontanissima dall'immagine della metropoli cosmopolita e trendy a cui siamo abituati, Londra sembrava in quell'epoca molto più simile a quella descritta da Charles Dickens che a quella odierna. Una città, dunque, tutta da scoprire.
Sovrappopolazione, estrema povertà, scarsità di igiene, alcolismo, prostituzione erano i problemi con cui quotidianamente una levatrice doveva confrontarsi, e la sua esperienza poteva fare la differenza tra la vita e la morte per la paziente.
Alcuni personaggi restano nel cuore del lettore: la giovane Mary per esempio, con la sua tragica storia; oppure l'anziana Mrs. Jenkins, che attraversa tutto il diario della levatrice, quasi come un filo conduttore, fino a che non viene raccontata la sua storia.
Le sue vicende sono quelle che mi sono rimaste più impresse. C'è lo stridente contrasto, in una società come quella inglese tesa verso la modernità e la modernizzazione, tra gli slanci verso il progresso, e situazioni come quelle degli ospizi per gli indigenti, che altro non erano che prigioni camuffate, dove venivano rinchiusi i poveri, che altra colpa non avevano se non quella di non riuscire a tirare avanti. Si trattava per lo più di donne vedove e con bambini piccoli a carico; il trattamento loro riservato era peggiore di quello riservato ai criminali. le famiglie venivano separate per non ricongiungersi mai più. Ancora adesso, mentre ne scrivo, sento una stratta allo stomaco.
Va dato atto all'autrice di essere riuscita a rendere in maniera così vivida le condizioni degli ultimi nella società inglese, dove, evidentemente, la povertà era considerata una colpa.
 
Se si può muovere una critica a questa autobiografia è unicamente quella che il racconto manca di organicità, saltando da un caso all'altro, da un argomento all'altro con molta facilità.
E' evidente che l'autrice ha scritto le sue memorie seguendo il filo dei suoi pensieri, e ciò ha conferito freschezza e leggerezza alla narrazione, che non risulta mai pesante; allo stesso tempo però manca un po' di coesione tra un capitolo e l'altro. Ciò comunque non guasta il piacere della lettura.
 
Consigliato a chi ama le storie vere e vuole saperne di più sulla Londra post bellica; una lettura scorrevole, mai banale e di sicuro interesse.
Voto: 7

6 commenti:

  1. Anche a me è piaciuto! Hai proprio ragione sul fatto che manca un po' di organicità, ma la storia è molto interessante. Ricordo ancora l'anziana Mrs. Jenkins e l'ho letto da quasi due anni.
    un saluto da lea

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    1. Non ti nascondo che mi è uscita la lacrimuccia con la storia di Mrs. Jenkins.

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  2. Voglio leggere questo libro da sempre! Mi chiedo però come si possa pensare ad una trilogia per un argomento del genere, soprattutto se come dici tu le storie sono abbastanza slegate tra loro!

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    1. Ne sono curiosa anche io, onestamente. Credo che la trilogia continui a raccontare la vita della levatrice perché il primo libro si ferma, più o meno, a quando lei è ancora molto giovane.

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  3. Buongiorno Lisse!
    Sono una delle tue lettrici affezionate, anche se spesso silente...
    Ti scrivo per dirti che ti ho nominata in un link party del blog La soffitta di Amelia, che ha anche un giveaway a sorpresa abbinato.
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    A presto!
    Eva P.

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