mercoledì 24 febbraio 2016

Sono il numero quattro...

...di Pittacus Lore (pseudonimo di James Frey e Jobie Hughes).
 

Siamo arrivati in nove. In apparenza, siamo uguali a voi: vestiamo come voi, parliamo come voi, viviamo come voi. Ma non siamo affatto come voi. Siamo in grado di fare cose che voi non potete neanche sognare. Abbiamo poteri che voi non riuscite neanche a immaginare. Siamo più forti, più veloci e più abili di qualsiasi essere vivente del vostro pianeta. Avete presente i supereroi dei fumetti e quelli che ammirate al cinema? Una cosa del genere, però con una grossa differenza: noi siamo reali.

Ci siamo rifugiati sulla Terra e ci siamo divisi per prepararci: dovevamo allenarci, scoprire tutti i nostri poteri e imparare a usarli. Poi ci saremmo riuniti, tutti e nove, e saremmo stati pronti. A combatterli. Ma loro hanno scoperto che siamo qui e adesso ci stanno dando la caccia. Vogliono eliminarci, l’uno dopo l’altro. Così siamo costretti a scappare, a spostarci in continuazione, ad avere paura della nostra stessa ombra.

Attualmente mi faccio chiamare John Smith, e mi nascondo a Paradise, in Ohio. Credevo di essere al sicuro, ma ho commesso un errore gravissimo: mi sono innamorato di una mia compagna di scuola. E non potevo scegliere un momento peggiore.

Perché loro hanno preso il Numero Uno in Malesia.

Il Numero Due in Inghilterra.
Il Numero Tre in Kenya.
E li hanno uccisi.
Io sono il Numero Quattro.
Io sono il prossimo…
Pittacus Lore è il capo degli Antenati, gli anziani che governavano il pianeta Lorien prima della sua distruzione. Vive sulla Terra da dodici anni, preparandosi per la guerra che deciderà il destino dei Nove e, con loro, quello dell’intera umanità. Nessuno sa dove viva.

(dalla presentazione al volume)
 
Trama:
Sulla Terra vivono gli appartenenti ad una razza alinea scampati alla distruzione di Lorien, il loro pianeta, ad opera dei Mogadorian. Sono nove ragazzi dai poteri straordinari, ognuno accompagnato dal loro tutore. Prima di lasciare il pianeta, un incantesimo li ha legati l'uno all'altro in modo che essi possano essere uccisi soltanto in un determinato ordine. In attesa che i loro poteri si sviluppino e diventino forti abbastanza da riconquistare Lorien e sconfiggere i Mogadorian, vivono nascosti tra noi.
 
Sono il numero quattro è il primo libro di una saga di fantascienza dedicata ad un pubblico giovane. E siccome io sono giovane (soprattutto) dentro, e siccome il titolo mi intrigava un sacco, ho deciso di leggerlo.
E poi chi lo dice che ad una certa età non si possono leggere libri per ragazzi?
 
Evitare i libri per ragazzi solo perché non si è più ragazzi è come sostenere che i gialli andrebbero letti da poliziotti e criminali (Nick Hornby).
 
Quindi, da parte mia, nessun pregiudizio verso la narrativa per ragazzi, anzi.
Il problema però sorge quando narrativa per ragazzi (o young adults, come fa figo dire adesso) diventa di sinonimo di approssimazione e cliché a go-go.
Io penso che gli autori pensino (ehm...) che i ragazzini magari sono alle prime armi e quindi tante sottigliezze non le colgono (e non è detto che non le colgano, eh). Ma sappiate che per ogni ragazzino che legge i vostri libri ci sono almeno tre adulti divoratori di libri che lo leggeranno, e scopriranno le magagne. Io vi ho avvisato.
 
Come purtroppo accade sempre più spesso, l'ottimo spunto di partenza si perde nel corso della storia, per tutta una serie di motivi.
 
Innanzitutto, poco meno di metà del libro è occupato dai problemi adolescenziali del protagonista, John.
Spero che John nei continui traslochi abbia portato con sé un ombrello, perché appena arriva a Paradise, Ohio, cominciano a piovere cliché.
La bella della scuola che si innamora di lui perché sì.
Il bullo della scuola che ce l'ha con lui.
Il compagno di scuola bruttino e sfigato che però è coraggioso e leale.
(Ma poi,  si può sapere perché tu sei lì che non devi attirare l'attenzione su di te per nessun motivo e ti iscrivi a scuola? Ma perché? Perché non sei nascosto in una capanna in mezzo ai boschi? Tanto più che comunque non ti fermi mai più di sei/sette mesi in ogni luogo?) 
Il protagonista costretto a scegliere tra il rivelare i suoi poteri e salvare la ragazza che ama, oppure lasciarla morire.
Yawn. Già visto, già sentito.

Io non ho nulla contro il già visto e già sentito. Non sono alla ricerca dell'originalità a tutti i costi, finchè mi trovo una storia bella e solida davanti.
 
La storia è narrata in prima persona da John, al tempo presente. Ho trovato questa scelta quanto meno discutibile, anche perché che senso ha formare il libro col nome di Pittacus Lore, uno degli Anziani del Pianeta Loric, e poi farlo narrare in prima persona e al presente da John? Boh, secondo me queste scelte per aggiungere un po' di pepe al libro si annullano l'una con l'altra.
Inoltre, quella che tutto sommato è una scelta stilistica legittima dell'autore, è risultata alla lunga fastidiosa e stancante. Nonostante l'uso di questa tecnica narrativa, l'autore non è riuscito a infondere pathos e sentimento nelle parole di John, che hanno la verve di una lista della spesa. Scritta male.
Sembra che John ci narri le cose in maniera molto superficiale, senza averne voglia.
Esempio:
Henri (il tutor di John) crede di aver individuato delle persone (degli esseri umani) che stranamente conoscono l'esistenza dei Mogadorian. Si reca ad indagare, e sparisce. Questo è quello che John ci racconta (abbiate la pazienza di leggere tutto l'estratto):
 
È una lunga giornata, una di quelle in cui il tempo rallenta e ogni minuto sembra durarne dieci, ogni ora sembra una giornata intera. Gioco ai videogame e navigo in Internet. Cerco notizie che possano essere collegate a uno degli altri Garde. Non trovo nulla, e ne sono felice. Significa che sono riusciti a passare inosservati e a evitare i nostri nemici.
Ogni tanto do un’occhiata al cellulare. A mezzogiorno mando un SMS a Henri; lui non risponde. Pranzo e do da mangiare a Bernie Kosar (il cane, n.d. Lisse), poi mando un altro messaggio. Ancora nessuna risposta. Una sensazione d’incertezza e di nervosismo s’insinua dentro di me. Henri ha sempre risposto immediatamente ai miei messaggi, senza eccezioni. Forse ha il telefonino spento, forse gli si è scaricata la batteria. Cerco di convincermi di queste due possibilità, ma so benissimo che non sono credibili.
Alle due comincio a preoccuparmi sul serio. Gli Hart ci aspettano tra un’ora. Henri sa che questa cena è importante per me. Non mancherebbe mai.
Vado a farmi una doccia, sperando che, quando avrò finito, troverò Henri seduto al tavolo della cucina a bere una tazza di caffè. Apro l’acqua calda al massimo e non mi preoccupo nemmeno di miscelarla. Non sento nulla. Ormai tutto il corpo è insensibile al calore. È come se sulla mia pelle scorresse acqua tiepida. In effetti, mi manca la sensazione di calore. Mi piaceva fare la doccia con l’acqua molto calda, restare sotto il getto, chiudere gli occhi e godermi la sensazione dell’acqua che mi scorreva sulla testa e sul resto del corpo. Mi aiutava a rilassarmi, a distrarmi, a dimenticare per un po’ chi e che cosa sono.
Quando esco dalla doccia, apro l’armadio e cerco i vestiti migliori che ho. Niente di speciale: pantaloni cachi, una camicia, un maglione. Siccome la nostra vita è tutta una corsa, ho soltanto scarpe da corsa, appunto. È un pensiero così buffo che mi viene da ridere, per la prima volta in tutta la giornata. Vado nella stanza di Henri e guardo nel suo armadio; ha un paio di mocassini che mi vanno bene. Vedere tutti i suoi vestiti mi rende ancora più preoccupato e turbato. Voglio credere che stia soltanto impiegando un po’ più di tempo del previsto, ma in tal caso mi avrebbe avvertito. Qualcosa dev’essere andato storto.
Che noia.
Io non vedo John preoccupato, io vedo John che mi dice di essere preoccupato. Non lo vedo agire da persona incerta e in ansia, vedo che John che mi racconta che una sensazione di incertezza gli si sta insinuando dentro. Un alieno fuggiasco e in costante pericolo di vita che, mentre il suo maestro è scomparso, magari anche morto, pensa che gli manca la sensazione di calore sulla pelle. Pensa che i suoi vestiti sono niente di speciale.
Elettrocardiogramma piatto.
Tra l'altro la situazione pericolosa si risolve perché improvvisamente a John arriva un nuovo potere, quello della telecinesi... eh, quando si dice una coincidenza fortunata!
 
E anche nelle scene d'azione lo stile non cambia. Lento e compassato, e per di più con descrizioni piatte e incomplete. 
Ho finito l'intero romanzo e ancora non sono sicura di come siano fatti i Mogadorian e le loro temibili Bestie.
 
Occhi neri, pallido, come se la sua pelle non avesse mai visto la luce del sole. Una creatura delle caverne risorta dal mondo dei morti.

Sono così veloci che faccio fatica a distinguerne le forme.

Quella bestia deve essere alta dieci metri, o forse dodici. Sovrasta Henri e ruggisce, con pura furia negli occhi.

Sì, ma di che tipo di creatura stiamo parlando? Una specie di dinosauro? Elefante? Struzzo? Gattino?
Nella battaglia finale sarà tutto un tripudio di zanne, artigli e bava che cola, ma senza che John si degni di dirci cosa abbiamo davanti. 
 
La battaglia finale merita un discorso a parte. Occupa un ampio numero di pagine e sembra svolgersi al rallentatore davanti agli occhi del lettore.
In primo luogo, gli avversari sembrano mettersi in fila per affrontare John uno alla volta. Anche quando lo circondano e lui e i suoi amici riescono a ripiegare all'interno della scuola teatro dello scontro, i nemici non fanno irruzione, non attaccano in massa perché aspettano "i rinforzi". E i nostri eroi sono in 5, non in 500. A dir la verità, sembra che anche gli alleati di John si mettano in fila per salvargli la vita all'ultimo minuto, intervenendo sempre uno alla volta.
 
Tutto lo scontro con questi terribili Mogadorian fa acqua.
In primo luogo, trovano John perché vedono un video in rete di lui che esce da una casa in fiamme illeso, e non gli viene il dubbio che John possa essere resistente al fuoco, tanto è vero che il primo incantesimo che gli lanciano è una sfera di fuoco. E vabbè. 
Ad un certo punto un Mogadorian armato di spada prende John per la gola e lo tiene sollevato da terra, e  mica lo trafigge con la spada, no,  lo scaglia lontano cosicché possa rialzarsi e continuare a combattere. E vabbè.
I Mogadorian hanno una specie di cannone succhia energia vitale che distrugge qualunque cosa, ma mica lo usano come prima cosa. No, prima gli tirano un imprecisato numero di botte dietro la nuca/stiletti/ palle di neve. Avete presente Daitarn III e l'attacco solare che usava esclusivamente a fine puntata e sconfiggeva tutti i nemici e tu bambino lo trovavi meraviglioso, e poi da adulto sei passato a chiederti perché cappero non usava subito il potere del sole? Ecco, una cosa del genere.
E vabbè.
I soldati nemici sono accompagnati da bestie alte anche dieci o dodici metri; ci si aspetterebbe che qualcuno le notasse mentre attaccano o distruggono la scuola, no? No.
Inoltre vorrei sapere come due o tre bestie sono state trasportate nel giro di pochissime ore dalla divulgazione del filmato incriminante in autoarticolati fin sul luogo dello scontro. Esistono camion in grado di trasportare bestie alte dodici metri senza che nessuno se ne accorga?
 
Inizialmente poi i Mogadorian sembrano dei colossi spaventosamente invincibili; nello scontro finale vengono tranquillamente uccisi con un proiettile, con un trofeo spaccato sul cranio, e in altri modi banalmente simili. Uao che paura. Dei mostri paurosissimi che possono morire come tutti gli altri esseri viventi. E allora viene da chiedersi perché il numero tre e il suo Cepan (maestro) se ne stessero nascosti nella giungla africana senza neanche un'arma da fuoco a disposizione, visto che i proiettili sembrano particolarmente efficaci.
E visto che parliamo di armi, i Mogadorian hanno queste spade magiche da cui escono stiletti (vi prego, non chiedete, è così e basta) che lanciano incantesimi, ed hanno un fucile che sembra un cannone (sic) che risucchia l'energia vitale del pianeta, trasportando i presenti in una specie di dimensione parallela (non è chiarissimo) e poi riversa contro il malcapitato bersaglio una sorta di raggio di antimateria. Ancora una volta, non è chiarissimo quale effetto o principio queste armi sfruttino, ma ci sta che non capiamo bene di cosa si tratti. Ci sta di meno che John dica, dopo averle osservate cinque minuti: le armi Mogadorian funzionano in una maniera che probabilmente non capirò mai, in base ai portali mistici tra una dimensione e l'altra. Ah beh, meno male che non lo capirai mai.
Perché se è vero che John è stato sottoposto dal suo Cepan ad un duro allenamento per accrescere i suoi poteri, è anche vero che Henri non ha mai fatto parola delle spade magiche, degli stiletti o dei cannoni. No, Henri si è limitato a lanciargli contro delle cose, a dargli fuoco (sì, perché John è resistente al calore) e a fargli sollevare le palline con la telecinesi. Ma dove l'hai preso il tuo diploma di Cepan, Henri? A Topolinia?

Eppure, eppure... ho già iniziato a leggere il seguito. Da un lato, si tratta sicuramente di un disturbo ossessivo compulsivo che mi attrae inesorabilmente verso i libri bruttini. Dall'altro, voglio sapere come va a finire, sperando che migliori. Vi terrò aggiornati.
Voto 4. 
 

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