lunedì 2 gennaio 2012

Pan...

...di Francesco Dimitri.

Siccome è cominciato un nuovo anno, e siccome vorrei smentire alcune malelingue che dicono che oramai leggo libri solo per criticare (ciao, Roby! ^__^ ), vorrei proporvi la recensione di un libro che mi è piaciuto.
Come avrete argutamente intuito dal titolo del post, si tratta di Pan, dell'autore italiano Francesco Dimitri. Oltretutto Pan merita una menzione speciale perchè è stato il primo e-book che io abbia comprato in vita, complice anche l'accattivante prezzo di 1,16 euro. Perchè il prezzo sia così invitante, potete leggerlo sul blog dell'autore, qui (NB: adesso Pan è disponibile anche su Amazon.it).

L'incipit:

Nella notte di Roma i bambini dormono e sognano. Sognano di cose che esistono, di cose che non sono e mai saranno, e di altre, la cui natura è più ambigua. Sognano di guerre, di attori, di amore, di mostri orribili e dei modi in cui è possibile ucciderli. Simile a un fantasma adesso voglio portarti attraverso porte e pareti facendoti entrare di soppiatto in una casa di periferia, nella zona di Tor Bella Monaca: accucciato in una coperta piena di buchi il piccolo Timoteo, che ha più capelli che ciccia, visita un mondo fatto di foreste e villaggi. La sua famiglia è stata sterminata da qualcosa, lo stesso qualcosa che ora lo insegue, passo dopo passo, senza fretta, tanto sa che presto lo raggiungerà. Timoteo nel mondo del sogno corre e in quello della carne si agita, perchè anche lui sa una cosa, sa che esiste un posto sicuro in cui un eroe lo proteggerà. Ci arriverà in tempo? Impossibile dirlo: il suo gatto ci ha visti e siamo costretti a fuggire. Troviamo un’altra casa, una in cui le coperte sono pulite e i capelli ben pettinati, e sbirciamo Giulia, che piange ogni sera prima di addormentarsi perché una grossa macchia rugosa le copre metà della faccia. Gli altri bambini la chiamano «La Bella» proprio perché bella non è, nè mai lo sarà. Ora è avvolta nelle coperte, con la guancia destra, quella divorata dalla Macchia, nascosta dal guanciale. Perfino nei sogni la Macchia la accompagna. Giulia sogna di volare in un cielo blu notte, completamente sola, senza nessuno che la prenda in giro. Le stelle sopra di lei sono talmente tante che non le sembrano reali – di stelle così a Roma non se ne vedono mai. E la luna è soltanto uno spicchio sottilissimo, il sorriso sghembo di uno Stregatto. Sotto c’è un immenso mare, scuro come il cielo, e all’improvviso Giulia prova l’impulso di tuffarsi. Lo fa, perché in questo sogno lei non è una brava bambina, è selvaggia e felice. L’impatto le mozza il fiato, ma dopo l’acqua è tiepida, rassicurante. Le si avvicinano alcune sirene, colorate di scarlatto e blu, le mani palmate, branchie che pulsano sul collo. Sono bellissime. La circondano e l’accarezzano, e al loro tocco il pigiamino di Giulia si apre e galleggia lontano. Poi una le sfiora la guancia con un bacio. Giulia si scosta, perché non vuole che quella creatura stupenda si rovini le labbra sulla Macchia. Ma lei è più veloce. Giulia avverte una fitta gelida, e quando la sirena si allontana, si porta una mano al viso. Magia! La pelle è liscia e soffice – possibile che la Macchia sia scomparsa? Giulia vorrebbe parlare, ma all’improvviso le sirene sono spaventate. Nuotano via all’impazzata, abbandonandola.
Giulia resta immobile.
Anche lei ha paura. Qualcosa si sta avvicinando alle sue spalle, e lei si trova sospesa nell’acqua, nuda, dispersa e sola. Qualcosa è dietro di lei. Vicino. Se Giulia si girasse, lo vedrebbe. Giulia lo farà?

La trama:

A Roma,la realtà sta per cambiare, o meglio, per farsi conoscere in ogni suo aspetto, perchè forze antiche stanno per tornare e per riprendere il conflitto che li divide da sempre. Il Peter Pan di Barrie non è una semplice storia per bambini; Pan è vero, è vivo, e sta per tornare nel mondo. I Bambini Perduti già annunciano il suo ritorno, e l'Isola-che-non-c'è si fa sempre più vicina alla nostra realtà. Se Pan sta per tornare, però, anche Capitan Uncino, rimasto imprigionato nella Carne mortale, tornerà per sfidarlo, ed il conflitto tra i due coinvolgerà anche gli esseri umani, ed in particolare Gianni, Wendy e Michele Cavaterra, tre fratelli che hanno una famiglia molto particolare...anche se ancora non lo sanno.

La geniale intuizione che sta alla base del romanzo è l'idea di fondere la storia di Peter Pan (quello di Barrie) con la mitologia italica pre-romana. Il Peter Pan che tutti i bambini conoscono si identifica con Pan (o meglio, con Fauno), divinità dell'amore fisico, dell'euforia, dell'eccesso, legato alla natura, alle foreste e agli aspetti più primordiali della vita.
Pan, signore delle creature mitologiche (quali ninfe, ondine, satiri e simili) è stato esiliato lontano dalla Carne (che coincide pressapoco con la realtà sensibile) ma adesso è pronto a tornare e riavvicinare tutti gli aspetti di cui si compone la realtà.
Già, perchè nel mondo creato da Dimitri la realtà non ha una sola faccia (quella che noi percepiamo): essa è divisa in tre aspetti, la Carne (il mondo di tutti i giorni, la materia), l'Incanto (la parte magica, spirituale) e il Sogno (la parte fantastica, onirica). Non si tratta di tre dimensioni parallele, ma proprio di tre aspetti, tre modi di essere della realtà, che coesistono, come tre facce di un dado. La maggior parte delle persone vive esclusivamente nella Carne, ignorando gli altri due aspetti a tal punto che quasi nessuno crede che esistano; per questo le creature provenienti dagli altri aspetti possono muoversi tra di noi senza essere notate, perchè l'essere umano medio vede solo quel che crede di dover vedere. Se non apre la sua mente all'Incanto, un uomo medio non vedrà, ad esempio, le zampe caprine di un satiro, ma, tutt'al più, vedrà un uomo con una disabilità alle gambe - vedrà cioè quel che, nell'unico aspetto della realtà che conosce (la Carne), è perfettamente logico e palusibile.
Peter Pan può muoversi (dopo essere "tornato" alla Carne) a proprio piacimento tra i tre aspetti, così come può fare Capitan Unicino (che è anch'egli una divinità). I bambini, invece, usano in maniera quasi inconscia i propri sogni per spostarsi tra i tre aspetti. Per gli esseri umani è difficile imparare a raggiungere i vari aspetti. Insomma, la maggior parte di noi è inchiodata alla Carne, più per un problema di chiusura mentale che per altro.
Le creature mitologiche esistono e sono sempre esistite, e quando l'uomo ha cominciato a modificare l'ambiente, a sviluppare la scienza e la tecnologia e ad avere una fede sempre più cieca in esse, si sono ritirate nell'Incanto, ed è rarissimo che vengano nella Carne e che si facciano vedere dagli uomini.

I tre aspetti sono la cosa che mi è piaciuta di più dell'intero romanzo, nonostante un tentativo un po' goffo di spiegarci tecnicamente cosa siano (ci sono cose che in un romanzo fantasy io non voglio sapere nei minimi dettagli; mi basta che le situzioni siano abbiano logica e coerenza interne, ed io sono a posto!).
All'inizio, il romanzo è ambientato esclusivamente nella Carne;  quando il colore degli occhi della fidanzata di Giovanni muta all'improvviso, e quando Wendy, che fa la prestigiatrice per sbarcare il lunario, tira fuori dal cilindro un conglio che sa di non averci messo, scopriamo che l'Incanto si sta riavvicinando alla Carne, e che le cose stanno cambiando. Sprazzi di Incanto si intravedono nella Carne, ed i Bambini Perduti e gli emissari di Uncino percorrono sempre più spesso il Sogno. L'avanzare graduale degli altri due aspetti nella trama rende il romanzo dinamico ed intrigante; Dimitri ci avvolge in una atmosfera affascinante fatta di fiaba, di magia, di sogno, ma anche di realtà, di pericolo e di paura.
Non manca qualche scena un po' cruda (come ad esempio un omicidio iniziale) ma avvolta nel medesimo alone incantato - un po' come le vecchie fiabe della tradizione popolare, dove il sangue si spreca e le teste mozzate abbondano.
I primi capitoli sono una scoperta infinita di particolari, di luoghi e di magie. Si divorano in un attimo.
Poi però cominciano ad emergere i primi difetti.

Innanzitutto, la presenza dell'autore.
Come potete intuire dall'incipit, il narratore è molto presente nella trama stessa. Sembra prenderci per mano per raccontarci una storia, e questo, per i primi 4-5 capitoli va anche bene, contribuisce a creare quell'atmosfera fiabesca di cui dicevo sopra, ma dopo un po' stanca. Diventa irritante. Nonostante l'interesse che la trama suscita, per tutto il tempo si ha la sensazione non di essere immersi in una storia, ma di stare  sentire qualcuno che ce la racconta. Meglio sarebbe stato - a mio modo di vedere - se l'autore avesse alternato capitoli "di raccordo" tra la varie fasi del romanzo (capitoli in cui poteva emergere il narratore senza creare problemi) e capitoli in cui la storia viene narrata dal punto di vista dei personaggi. Indubbiamente questo avrebbe consentito anche di creare maggiore empatia nei loro confronti, di creare qualcosa di più di una semplice, superficiale simpatia. In realtà noi non sentiamo cosa provano, o cosa pensano i personaggi, non lo vediamo; ci viene sempre raccontato da qualcun altro, qualcuno esterno, il narratore appunto.
Oltretutto Dimitri non si accontenta di fare capolino nella narrazione; spesso e volentieri tra le righe filtrano i suoi giudizi morali, che arrivano anche ad influenzare pensieri ed azioni dei personaggi.
A salvare i personaggi, comunque, c'è il fatto che non sono stereotipi, nè tanto meno è facile distuinguerli tra buoni e cattivi. Come nella vita reale, anche i protagonisti del romanzo non sono bianchi o neri, ma sono sfumture di grigio più o meno accentuate. E anche se credi di aver capito chi è buono e chi è cattivo, alla fine dovrai ricrederti!

Infatti la trama e il suo sviluppo sono tutt'altro che semplici. Questo porta a tratti, specie verso il finale, a provare un po' di smarrimento: non sempre è chiarissimo perchè alcune cose stiano accadendo propriò lì, prorpio in quel momento e proprio in quel modo; un esempio su tutti è il ritorno di Pan: perchè ora, perchè a Roma? L'autore tenta di darci una spiegazione ma francamente penso che sull'argomento sarebbe stato meglio glissare con eleganza e lasciare le cose avvolte nel mistero.
Il finale risente della complessità dei legami che si sono creati tra gli aspetti, tra i personaggi e tra le due divinità in guerra, e della conseguente difficoltà di sciogliere tutti i nodi in maniera soddisfacente. Ad esempio, un'altra delle intuizioni geniali di Dimitri (il ruolo del romanzo di Barrie in tutta questa vicenda) viene scaricata con un espediente sciocco e semplicistico per dar modo al conflitto finale di iniziare. Questa è una cosa che proprio non mi è andata giù, e che mi ha rovinato il gusto di leggere la fine del romanzo.
Se volete saperne di più, evidenziate con il mouse la parte in bianco!
SPOILER!
Mentre Pan è il dio della gioia ma anche dell'eccesso violento e senza limiti, Capitan Uncino, meglio noto come Greyface, è la divinità di tutto ciò che rimane (l'ordine immobile, piatto, senza spunti e creatività; la routine più banale e opprimente, senza mai un guizzo di follia ad illuminarla). James Matthew Barrie era un mago ed aveva capito che, qualunque delle due divinità avesse vinto, sarebbero stati guai per il genere umano, perciò intrecciò una storia entro i cui confini rinchiuse le due divinità, una gabbia magica creata grazie al potere delle storie, ma così facendo chiuse in quella gabbia anche Trilli, la fata che lui amava, perchè vigilasse sulle due divinità. Questa gabbia avrebbe tenuto fino a che qualcuno non avesse raccontato dell'espediente usato da Barrie. Un personaggio di una certa rivelanza, perfettamente consapevole delle conseguenze, decide di punto in bianco, di propria spontanea volontà, di rivelare il trucco di Barrie, infrangendo le sbarre della prigione; ma il bello è che non lo fa perchè vuole liberare una o entrambe le divinità, lo fa così, tanto per vedere l'effetto che fa, e nel momento peggiore, col risultato che la rivelazione sembra più un famigerato "spiegone finale"(vedi nota 1) che un sorprendente colpo di scena.
FINE SPOILER

Si diceva del finale. Oltre alla non felice scelta di cui ho detto sopra, il finale ha il sapore del compromesso, come se l'autore non avesse avuto il coraggio di andare fino in fondo, viste le premesse della storia.

SPOILER! Selezionare col mouse se volete leggere oltre!
Alla fine, dopo che la gabbia creata da Barrie viene infranta, Pan e Uncino si scontrano in una lotta sanguinosa, che fa molte vittime, e alla fine Pan esce vincitore, anche se ferito e malridotto. I fratelli Cavaterra, che hanno combattuto al suo finaco, gli fanno una ramanzina - che tra l'altro non ci viene descritta, ma raccontata in seguito per bocca di un altro personaggio - , ramanzina del tipo "va bene l'eccesso, va bene essere sfrenati, però non esagerare, ok?", e lui acconsente ad essere meno estremista, come se l'autore - che nel romanzo ha sempre parteggiato per Pan e per quello che lui rappresenta - volesse mitigare le conseguenze della sua vittoria, e cioè  l'inizio di un'era di caos gioioso, ma pur sempre caos con tutti i suoi difetti.
FINE SPOILER

Vedo che mi sono sbrodolata un po' troppo nel parlare di Pan, che è tutt'altro che un libro privo di difetti, ma che rimane comunque un libro notevole, che lascia il segno.
Mi è piaciuto principalmente per l'originalità degli spunti iniziali, e per aver recuperato, in modo del tutto proprio, l'idea di fondo del romanzo di J.M. Barrie, idea che un secolo di cartoni animati sdolcinati avevano smarrito. Nel romanzo di Barrie Peter Pan è tutt'altro che buono, dolce e altruista; egli è sregolato, amorale, egoista ed egocentrico, non nutre sentimenti profondi per nessuno ed è veloce a stancarsi di persone e cose. C'è una vena dark ed inquietante che Dimitri ha recuperato ed ampliato nel suo romanzo.

Per concludere, una tabellina riassuntiva:

Pro:                                           Contro:
idee originali                             narratore troppo presente                     
ambientazione accattivante        a tratti confusione nello sviluppo della trama
personaggi non stereotipati       finale un po' incerto

Voto finale: 7

nota 1: dicesi spiegone finale l'espediente mediante cui un autore, arrivato alla fine del proprio romanzo, rendendosi conto che al lettore mancano informazione di vitale importanza per la piena comprensione della trama, le spiattella di punto in bianco, tutte in una volta, al lettore, solitamente per bocca di un personaggio. Avete presente Poirot che spiega ai sospettati riuniti in una stanza chi è il colpevole e perchè? Beh, quello è uno spiegone, tollerabile solo nei romanzi gialli di stampo classico.

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