domenica 30 gennaio 2011

Vango...

....di Timothee De Fombelle.

Quaranta uomini vestiti di bianco erano sdraiati sul pavè. Sembrava di vedere un campo coperto di neve. Le rondini garrivano, sfiorando i corpi. C'erano migliaia di persone, a guardare quello spettacolo. Notre-Dame de Paris stendeva la sua ombra sulla folla.
All'improvviso la città, tutt'intorno, parve raccogliersi.
Vango aveva la fronte contro la pietra. Ascoltava il proprio respiro. pensava alla vita che l'aveva condotto fin lì. Una volta tanto non aveva paura.
Pensava al mare, al vento salmastro, alle voci, ai visi, alle lacrime calde della donna che l'aveva cresciuto.

Avevo segnalato di aver ricevuto una copia in anteprima di questo romanzo che uscirà il 20 febbraio, allo scopo di recensirla. Onestamente non conoscevo l'autore e non sapevo cosa aspettarmi, ma devo dire che si è trattata di una piacevole sorpresa.

Parigi, 1934. Vango Romano è un ragazzo di 19 anni che sta per essere ordinato prete sul sagrato di Notre Dame, quando la polizia interrompe la cerimonia per arrestarlo e, contemporaneamente, qualcuno dalla folla presente gli spara addosso. Inutile precisare che il ragazzo non ha la minima idea di cosa stia succedendo, e perciò tenta di scappare. Vango sfugge all'arresto in modo piuttosto rocambolesco, arrampicandosi sulle pareti della chiesa e fuggendo sui tetti. Sì, perchè lui non è una ragazzo normale; è cresciuto sull'isola di Salina, nelle Eolie, con una tata che non ha mai voluto dirgli nulla del suo passato. E' cresciuto selvaggio, nella natura, arrampicandosi tra le rocce, tra i nidi degli uccelli marini e il mare.
Da qui in poi seguiremo la fuga di Vango e il suo tentativo di scoprire di cosa è accusato e perchè qualcuno lo voleva morto.

Vango è un romanzo per ragazzi. Lo si capisce più che altro dal modo in cui è narrato. C'è una gentile "voce" in sottofondo che ci narra le avventure di Vango e di tutti quelli che gli girano intorno, un narratore onnisciente che salta con disinvoltura da posto all'altro del mondo, da un personaggio all'altro e perfino dal presente al passato. Questa scelta stilistica conferisce un che di fiabesco al romanzo, ma qualche volta risulta un po' dispersiva, e il lettore fa una certa fatica a concentrarsi sulla vicenda, occupato com'è a non perdere il filo tra tutti quei continui salti narrativi.
Prendiamo ad esempio il primo capitolo. Il libro si apre con una panoramica sul sagrato di Notre Dame, su cui quaranta ragazzi aspettano di essere consacrati sacerdoti, per poi passare ai pensieri di Vango che attende, per poi saltare al punto di vista di una ragazza dagli occhi versi che guarda Vango commossa, per poi andare fino al campanaro di Notre Dame e alla sua solitudine,  per poi tornare alla ragazza, per poi passare al cardinale che officia la cerimonia... e non è finita qui.
Io ho fatto una gran fatica a seguire questo primo capitolo! Insomma, ero di fronte ad un nuovo romanzo, nelle prime pagine ci si aspetta di conoscere un po' personaggi e ambientazione e di cominciare ad abituarsi, per così dire, a loro, ma con questi continui salti mi sembrava di essere una pallina da ping pong sballottata da un lato all'altro senza tregua. Ad esempio, il punto di vista del campanaro di Notre Dame (un omaggio a Victor Hugo?) era proprio necessario? I pensieri del solitario gobbo, personaggio che non comparirà più nel romanzo nemmeno per sbaglio, che cosa aggiungono alla trama? Per dirla in parole povere, ma a me, cosa importa?
Fortunatamente nel prosieguo del romanzo questa tendenza si attenua drasticamente (anche se non scompare mai del tutto), altrimenti per continuare a leggere avrei avuto bisogno di un navigatore satellitare.
Il romanzo conserva una struttura piuttosto ampia e non legata al solo personaggio di Vango, e per le prime 200 pagine circa, ad ogni capitolo andiamo avanti e indietro nello spazio e anche nel tempo. Ci viene narrata infatti l'infanzia di Vango, e scopriamo anche nuovi personaggi, tra i quali Ethel, la ragazza dagli occhi verdi segretamente innamorata di Vango; Hugo Eckener, comandante di un dirigibile che è il vanto della flotta tedesca; padre Zefiro, un monaco molto particolare e con qualche scheletro nell'armadio.
Tutti questi personaggi e le loro vicende alla lunga si rivelano legati a Vango, e sono certamente interessanti (io ho adorato il capitano Eckener per quella sottile ironia che pervadeva i capitoli a lui dedicati) ma il romanzo tende ad essere un po' dispersivo. Niente che renda impossibile la lettura, certo, ma in un romanzo che si chiama Vango mi aspettavo di leggere più Vango e meno personaggi secondari. Forse, alla fin fin, Vnago è il personaggio più sfuggente di tutti almeno per metà libro.
Capita anche, e più volte, che mentre noi seguiamo pacificamente le vicende di un altro personaggio, Vango attraversi mezzo mondo braccato dalla polizia senza che nel romanzo ci sia una sola riga al riguardo.
Ad esempio, nel capitolo 9, Vango arriva in Germania per chiedere aiuto al capitano Eckener, e solo in questa circostanza apprendiamo che ha attraversato la Francia e la Svizzera inseguito dalla polizia, e poi è entrato in Germania, nella Germania nazista....in che modo? Boh!
Purtroppo non sarà la sola volta che capita una cosa simile nel romanzo: De Fombelle ha una certa tendenza a raccontare, più che a mostrare quello che accade, anche se lo fa con uno stile piacevole, leggero, non noioso nè tanto meno pretenzioso.

Mi rendo conto che fino ad ora ho elencato solo difetti nel romanzo, ma nonostante ciò Vango è stata una lettura molto piacevole.
Ho apprezzato i personaggi e la sottile ironia che pervade la pagine;  alcuni personaggi secondari sono davvero gustosi, come il commissario Boulard, che si occupa del caso Vango.

- Vi ha fregati! Vi siete fatti seminare da un ragazzino davanti a mille persone!
Boulard infilzò con la forchetta una patata al burro, si bloccò, fece roteare gli occhi intorno a sè e riepilogò l'evidenza:
-Siete un branco di incapaci.
La cosa più incredibile è che nessuno, fra tutti quei tizi, si sarebbe mai sognato di mettere in dubbio quell'affermazione. Quando Boulard diceva una cosa, era sempre vera. Il commissario avrebbe potuto dire:  e quelli si sarebbero messi tutti in punta di piedi con le braccia ad arco sopra la testa.

Ho apprezzato la trama, specialmente nella seconda metà del volume, in cui la storia comincia proprio a farsi interessante ed in alcuni tratti si fa fatica a mettere giù il libro.

Ho apprezzato la presenza di elementi storici nel libro, specie con riferimento al sorgere della potenza nazista, riferimenti che non erano appiccicati con lo scotch, ma parte integrante dell'ambientazione. A parer mio è così che un libro diventa "storico", cioè lo diventa quando riesci a respirare l'aria del periodo descritto come fossi uno dei personaggi....e non quando l'autore tiene interminabili sermoni sulla costruzione delle mura di Colonia (ok, per chi non avesse colto il riferimento, questa è una leggerissima frecciatina all'autore di Il diavolo nella cattedrale, che ho recensito qui ).
E' sempre positivo quando l'autore riesce a contestualizzare e rendere concreti gli avvenimenti di cui sta parlando.
Cito da pagina 254:

Vango aveva ascoltato. A un certo punto si era lentamente trascinato sotto il fico per potersi sedere all'ombra.
Non vedeva il lagame tra quel racconto e l'arrivo di un commissario francese sull'isola di Arkudah, più di quindici anni dopo quegli avvenimenti. Ma era sconvolto. Tutto d'un colpo comprendeva meglio che cos'era stata la guerra. Fino a quel momento non l'aveva conosciuta che attraverso monumenti fatti di fiori, di medaglie, di donne che avevano perso il loro unico figlio, di tamburi che suonavano una volta all'annodi uomini ai quali mancava un braccio o una gamba. La guerra...I ricordi di Zefiro mettevano carne e sangue dietro quella parola.

Più o meno è quello che succede anche a noi, con le parole di De Fombelle. Egli mette carne e sangue dietro le sue parole.

Belli gli scontri fra Eckener e vari esponenti della gerarchia nazista che tentano di imbrigliare la sua fama di capitano e le sue imprese per farne un vanto per il regime; belli, coraggiosi, significativi (tanto più che questo è un libro destinato ai ragazzi) i suoi tentativi ironici di sfuggire a questo destino, ed anche, ad un certo punto, la sua umana paura di ergersi, da solo, contro un mondo che sta impazzendo.

- Neppure io, padre, mi sento più a casa mia da nessuna parte. Non riconosco più il mio paese.
Zefiro si abbassò per aiutare l'altro ad alzarsi.
- Faccio tutto ciò che posso - continuò Eckener. - Per me la Germania è già in guerra contro se stessa. Ieri mattina la polizia è andata ad eliminare il nome del nostro amico Werner Mann dal monumento ai caduti del suo villaggio, vicino a Monaco di Baviera. Il nome di Mann, ti rendi conto? Hitler ha dato l'ordine tre giorni fa. Nessun nome ebreo sui monumenti ai caduti del 1918.
Werner Mann, l'eroe morto in combattimento, era appena stato cancellato dalla storia.

Nella seconda metà del volume, come accennavo sopra, la storia perde la sua caratteristica dispersiva e si concentra maggiormente sull'intreccio. Viene fatta luce - purtroppo soltanto parziale - sui misteri che circondano Vango.
Dico soltanto parzialmente perchè Vango è il primo volume di una serie (non so composta da quanti libri); mi è spiaciuto un po' dover lasciare i personaggi sospesi, con le mani ancora in pasta, per così dire, proprio quando le cose cominciavano a prendere un ritmo serrato e particolarmente "misterioso". Molti sono i nodi da sciogliere, e niente sembra deporre per una soluzione scontata o banale.
Infatti ad un certo punto entra in gioco anche Stalin, che a quanto pare cerca Vango; per un po' ho sospettato Vango (che è orfano, non sa nulla del suo passato ed è giunto in Italia in seguito ad un naufragio) fosse l'ennesimo superstite della famiglia reale russa - cosa che mi ha fatto un po' storcere il naso, ma a quanto pare le cose non sono così semplici e lineari. Tutto ciò è sicuramente da apprezzare, ed ovviamente incuriosisce il lettore anche in vista del prossimo volume.

In conclusione, posso tranquillamente affermare che Vango è un romanzo piacevole e ben scritto, non esente da qualche difetto che però non arriva mai a guastare il piacere della lettura. Merita un bel 7 pieno.

Un'ultima parola anche per l'iniziativa della casa editrice, le Edizioni San paolo, che mi ha permesso di leggere il libro in anteprima (l'uscita prevista è il 20 febbraio) e di recensirlo.
E' un gran bel modo di pubblicizzare un libro in uscita, perchè, oltre a riconoscere l'importanza fondamentale del passaparola quando di parla di libri, dimostra di non aver paura del giudizio dei lettori, di aver fiducia nei loro gusti e di considerare importanti e pesanti le loro opinioni.
Quindi, grazie per tutto!

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